Raccolta pere: fitopatologie e quotazioni rimangono i nemici dei produttori
Stefano Calderoni e Gianluca Vertuani, rispettivamente presidenti di Cia-Agricoltori Italiani e Confagricoltura Ferrara, hanno incontrato i frutticoltori del territorio per fare il punto su situazione fitosanitaria e quotazioni delle pere, alla luce dei dati diffusi dall’OI Pera. Secondo l’Organizzazione Interprofessionale Pera, le stime parlano di una produzione di circa 464.000 tonnellate a livello regionale, quantitativi inferiori del 14% – escludendo il 2019 che ha registrato perdite di oltre il 50% – alla media 2015-2018. Su questo dato pesa anche il calo progressivo delle superfici in produzione, visto che si sono persi oltre mille ettari di frutteto negli ultimi tre anni. Nel corso della riunione è emersa una fotografia realistica e attuale della situazione nei frutteti, in particolare di quella fitosanitaria, che ha riassunto Elisabetta Moscheni, presidente della Sezione Frutticola di Confagricoltura Ferrara.
“Ultimata la raccolta delle pere estive e in attesa di capire quali saranno le performance dell’Abate, si può dire che quest’anno sono quattro i problemi fitosanitari con i quali devono fare i conti i frutticoltori. C’è naturalmente il problema della cimice asiatica, i cui danni effettivi si capiranno solo al termine della raccolta, ma che è certamente presente e sempre aggressiva, così come la Maculatura bruna, una grave malattia fungina che colpisce in particolare le varietà Conference a Abate. A questa si aggiunge il Marciume calicino, causato anch’esso da un patogeno fungino molto difficoltoso debellare. Non manca, a livello di difetti del frutto, la Cinghiatura da freddo, un’alterazione provocata da cali termici fuori stagione, dunque le gelate primaverili, che provoca un cerchio rugginoso proprio a metà del frutto, modificandone l’aspetto esteriore tipico pur lasciandone intatta la polpa e il sapore. Questi sono veri e propri flagelli, che abbassano notevolmente qualità e quantità di pere commercializzabili e contro i quali i produttori hanno poche armi e non sempre efficaci”.
Un altro nodo che pesa sui redditi dei frutticoltori ferraresi e quindi sulla tenuta del sistema pericolo del territorio sono i prezzi e le liquidazioni dei prodotti, come spiega Antonio Fioravanti, portavoce dei pericoltori di Cia Ferrara.
“Abbiamo visto in questi ultimi anni, in particolare nel 2019, quanto sia difficile fare stime produttive realistiche perché magari dall’esterno la frutta c’è e sembra in buona salute e i danni, soprattutto quelli da cimice, si rilevano davvero solo quando si entra nel frutteto con il carro raccolta. “Contare” le pere sugli alberi non è, dunque, un buon metodo per capire il loro grado qualitativo. Anche quest’anno viviamo in una situazione d’incertezza, senza sapere quale sarà la disponibilità di Abate per la commercializzazione. Proprio per questo credo che i prezzi debbano seguire la stessa logica e avvicinarsi a quelli del 2019. Forse, alla fine, si produrrà qualcosa di più, ma non credo che si potrà arrivare alle stesse quantità delle annate con medie tipiche del territorio. Chi si occupa della commercializzazione, dalle cooperative alle Op, deve tenere in considerazione questo fattore di variabilità qualitativa e soprattutto capire che se i produttori vanno remunerati in maniera equa, altrimenti le aziende continueranno a chiudere o a smettere di produrre pere, con la perdita di ulteriori ettari di frutteto”.
Accogliendo le richieste delle aziende agricole associate, i presidenti di Cia e Confagricoltura lanciano un duplice appello. “Ai nostri rappresentanti a livello italiano ed europeo – spiegano Calderoni e Vertuani – chiediamo che non non vengano proibite anche quelle poche molecole ormai in deroga che, nell’ambito di una strategia di difesa multifattoriale, riescono a contenere le fitopatologie e la cimice, visto che la riduzione del fenomeno su alcune varietà non è certo da imputare alla liberazione della vespa che, forse, darà qualche risultato tra qualche anno. E poi a tutti i produttori di Ferrara, associati e non, chiediamo che accettino solo liquidazioni remunerative e non lavorino più sottocosto. Perché solo ridistribuendo valore all’interno della filiera, la pera ferrarese potrà continuare a esistere”.